Cittadini del mondo
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POLITICA INTERNAZIONALE E DELLE MIGRAZIONI Corso di Laurea magistrale in Storia e società
Educazione interculturale e cittadinanza globale
La situazione attuale sembrerebbe trasmettere l’immagine di un mondo in cui tutto si tiene, in cui tutto si può ritrovare: il villaggio globale. Eppure esistono ancora differenze e discriminazioni. L’Educazione alla cittadinanza globale è quella che cerca di andare verso una globalizzazione che sia inclusiva invece che esclusiva; che vede la mondializzazione come un processo che può mettere a rischio proprio il diritto alla diversità: e deve invece tener conto delle differenze e contemporaneamente mettere chi si trova in difficoltà in condizione di partire dalle stesse condizioni degli altri. E’ come la democrazia: se c’è una persona che non è libera, nemmeno tutti gli altri sono liberi. La democrazia o è inclusiva o non è.
COMUNICARE LA GLOBALIZZAZIONE Al di là degli aspetti tecnici, come si fa a proporre una comunicazione efficace, nel contesto della globalizzazione? Come comunicare lo stesso fenomeno della globalizzazione, evitando semplificazioni e ghettizzazioni? superati: anche perché assistiamo ad una radicalizzazione delle posizioni e a una inadeguatezza, una mancanza di strumenti culturali sempre più evidente ed allarmante. Dobbiamo probabilmente cominciare a ripensare certe forme un po’ blande di sensibilizzazione attuate finora, e riorganizzare l’intervento formativo con più decisione, con mezzi, programmi e metodi di maggiore impatto. Bisogna adoperarsi con molto impegno per compiere un grande salto di qualità: e costruire un paese, e una società civile, in cui l’opinione pubblica e i suoi leader abbiano una diversa consapevolezza di questi temi e acquisiscano gli strumenti indispensabili per una analisi adeguata. Possiamo partire imparando a comunicare noi stessi. I new global dicono con felice sintesi che dobbiamo essere noi i media: impadronirci di questa risorsa essenziale, usarne gli strumenti, gestirne le tecnologie. In secondo luogo, conquistato il diritto ad essere soggetti dell’informazione, dobbiamo imparare a decostruire il nostro punto di vista, a con-prendere quelli degli altri, a riconoscere gli altri e la loro diversità nello specchio della nostra stessa identità. costruire nuovi nemici, di creare nuovi dannati del villaggio globale. Non rassegnarsi ad uno scontro di civiltà, ma costruire le condizioni per un incontro.
INTERCULTURA O SCONTRO DI CULTURE? Abbiamo parlato in questi termini perché proprio mentre ragioniamo di intercultura sembra essere in atto uno “scontro di civiltà” e il nostro paese forse manderà i suoi soldati a combattere contro gli islamisti. L’espressione “clash of civilisations” è stata coniata alla fine degli anni 90 prima in un articolo poi in un libro da Samuel Huntington, che è uno studioso di strategia militare di formazione sociologica. Questo articolo proponeva uno scenario, una tendenza, un’interpretazione della situazione internazionale che si basava proprio sullo scontro di civiltà. In realtà si tratta di uno schema grossolano, che parte dall’individuazione di otto grandi civiltà, individuazione grottesca perché presenta delle incongruenze evidenti, consistenti in grandi sintesi culturali che non hanno nessuna verosimiglianza. Huntington tratteggia un quadro in cui primeggia l’Occidente, con le sue radici giudaico-cristiane, che si confronta con le altre civiltà; sostenendo che la dialettica non è più tra gli stati-nazione o tra grandi regioni politiche (est/ovest), ma si sta organizzando su elementi culturali, su confronti tra culture. In quest’ottica interpreta alcuni conflitti degli anni 80 e 90, come la guerra nell’ex-Jugoslavia, dove la matrice sembrava etnica e culturale.
In questo quadro il nostro modo di porre l’intercultura, soprattutto a livello pedagogico, appare inadeguato: nata come un approccio metodologico ai problemi che si creano per la presenza di bambini stranieri nelle scuole, come apertura della cultura italiana ad altre culture, acquisizione di un punto di vista meno etnocentrico, capace di vedere la diversità come arricchimento, ha finito spesso per limitarsi ad una folclorizzazione della diversità, o comunque ad un ampliamento dei programmi che non ha inciso più di tanto nel curriculum scolastico. (cfr. il Catalogo interculturale)
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