Emigranti italiani
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POLITICA INTERNAZIONALE E DELLE MIGRAZIONI Corso di Laurea magistrale in Storia e società
Quadro storico: le migrazioni nel XX secolo
Il fenomeno delle migrazioni può essere considerato sotto un triplice aspetto: quello della mobilità umana considerata in sé e nel suo complesso (migrazione); quello della mobilità osservata sotto l'angolo visuale del paese di provenienza (emigrazione); quello, infine, di tale mobilità esaminata in riferimento al paese ospitante (immigrazione). Si devono anche considerare i motivi che spingono l'uomo a mutare la sua sede originaria. Perciò la valutazione delle cause reali delle migrazioni può subire qualche modifica e qualche ulteriore specificazione, anche quando ci si limiti a contrapporre alle migrazioni forzate, perché determinate dalla violenza, le migrazioni ?libere', cioè quelle dovute a una scelta non determinata da invasioni e persecuzioni. Le migrazioni dei popoli sono una costante nella storia del genere umano. In ogni epoca processi migratori di varia natura ed entità hanno interessato tutte le aree del mondo a partire dalla preistoria fino al medioevo. Ma le migrazioni, pur mutando il loro carattere e le loro motivazioni nelle varie epoche, non sono cessate nell'età moderna. Alla fine del sec. XV, la scoperta del continente americano inaugurò un'era nuova per la storia dell'Europa. Dapprima la Spagna e il Portogallo, poi la Francia, l'Inghilterra e l'Olanda videro nel Nuovo Mondo ricchezze senza fine; per quanto l'immigrazione europea e sudamericana negli Stati Uniti e quella europea nell'America Centrale e Meridionale siano state l'oggetto esclusivo dell'analisi scientifica statunitense e abbiano avuto una netta prevalenza nella letteratura meno recente, negli ultimi decenni l'indagine si è allargata alle migrazioni europee verso altri continenti e a quelle, sempre più importanti, avvenute all'interno dell'Europa stessa. Per quanto riguarda il continente africano, si ricorderà che l'immigrazione europea cominciò con i Portoghesi, sostituiti poi, a partire dal 1652, dagli Olandesi nella regione del Capo di Buona Speranza. L'unione di questi allevatori e agricoltori con un certo numero di ugonotti francesi diede luogo alla formazione della popolazione boera, poi travolta nel sec. XIX dal corpo di spedizione inglese inviato nella colonia del Capo, nel Transvaal, nel Natal e nella Rhodesia, seguito da numerosi coloni e avventurieri, questi ultimi affascinati dall'oro e dai diamanti di quelle regioni.
TIPO DI MIGRAZIONE Preliminarmente, e limitandoci per ora a una classificazione tipologica delle migrazioni, si può affermare che esse possono essere formate da popoli interi o da gruppi più o meno estesi, e che possono essere provocate da guerre, da bisogni elementari e primari, o da esigenze religiose e spirituali; i loro soggetti possono essere emarginati in cerca di condizioni accettabili di vita, oppure operai specializzati, individui provenienti da regioni povere che aspirano a stabilirsi in regioni più ricche, o anche, semplicemente, dove le condizioni di lavoro siano vantaggiose. Le migrazioni possono essere spontanee o forzate; compiute per iniziativa privata o parzialmente organizzate; senza controllo dei poteri pubblici, o organizzate e controllate da questi; infine, possono essere istituzionalizzate, cioè sottoposte alla sorveglianza dello Stato. Ma il fenomeno più imponente delle migrazioni contemporanee è quello massivo, come è accaduto per i grandi gruppi che si sono trasferiti in Israele, nei quali si sono combinate la libera scelta suggerita dal sionismo con la necessità determinata dalle persecuzioni razziali; o come è avvenuto per le popolazioni costrette a lasciare le loro sedi in seguito agli eventi della seconda guerra mondiale come conseguenza del mutamento di regime politico (come in Egitto e in altri paesi dell'Africa settentrionale); oppure come è avvenuto nel caso di trasferimenti imposti dallo Stato (si pensi ai trasferimenti forzati in Siberia). Cosicché nel riaffacciarsi di un fatto migratorio coinvolgente grandi masse di popolazione, o comunque un grande numero di persone, che sembrava scomparso per sempre nell'età contemporanea, ciò che più tragicamente colpisce è proprio la frequente mancanza di libertà, o almeno di spontaneità nei motivi per i quali viene attuato il trasferimento. i caratteri generali delle migrazioni, sui quali abbiamo ritenuto utile richiamare l'attenzione, sono delle astrazioni che, per acquistare il loro pieno significato, devono essere valutate di volta in volta, nel loro concreto modo di essere. Inoltre, se si vuole giudicare dell'importanza economica, sociale e politica delle migrazioni nel XX secolo, occorre anche valutare il peso che ciascuna delle sue forme ha avuto e ha nella civiltà contemporanea. Se alcune di quelle forme debbono essere giudicate negativamente, altre invece, che rispondono al principio del libero movimento delle persone e al rispetto e anzi alla protezione dei loro interessi, inducono a un maggiore ottimismo e al riconoscimento della funzione, che la maggior parte degli scrittori ritengono fondamentale, che le migrazioni ancora oggi rivestono per la prosperità di vaste plaghe della terra. Sotto questo aspetto le migrazioni libere hanno segnato un enorme progresso nei confronti di quelle che avvenivano in altri tempi. Nella stragrande maggioranza dei casi i movimenti migratori sono provocati dalla differenza di livello economico tra i paesi d'origine degli emigranti e quelli della loro destinazione. Su come vengono viste dai vari Paesi, bisogna notare l'esistenza di diverse alternative. C'è l'atteggiamento dei paesi la cui preoccupazione primaria è stata, nel corso del tempo, quella della propria scarsità di popolazione, come è il caso dell'Australia e del Brasile; e c'è l'atteggiamento dei paesi sviluppati, nei quali s'è andata determinando, attraverso considerazioni diverse che vanno dal calcolo economico ai pregiudizi razziali, una tendenza alla richiesta di mano d'opera qualificata. È naturale, d'altronde, che, a parte la valutazione dei motivi addotti di volta in volta e della loro ammissibilità, i paesi altamente sviluppati, come il Nordamerica e l'Europa centrale e settentrionale, abbiano sviluppato una politica più guardinga nei confronti dell'immigrazione che non i paesi costretti ad aumentare mediante l'immigrazione la propria consistenza demografica. Secondo Qualey, le più generali cause delle migrazioni (per es.verso gli Usa) si possono individuare nei ?fattori d'espulsione' (push factors) e in quelli ?d'attrazione' (pull factors). Tra i primi si possono enumerare: 1) la povertà del villaggio contadino; 2) i cambiamenti provocati dall'industrializzazione; 3) le condizioni di lavoro nei nuovi centri industriali; 4) l'esistenza di classi privilegiate e il contrasto tra la posizione politica di queste e quella delle masse; 5) le rivolte pietiste contro le chiese tradizionali e la comparsa di nuove sette; 6) le persecuzioni religiose; 7) il servizio militare obbligatorio; 8) la pubblicità fatta dagli agenti di compagnie ferroviarie e di navigazione; 9) l'effetto prodotto dalle lettere degli emigrati alle loro famiglie; 10) l'influsso esercitato dagli emigrati tornati in patria; 11) le pubblicazioni e le guide destinate ai futuri emigranti; 12) l'istinto di aggregazione, che spinge a unirsi con i gruppi che partono. Tra i secondi sono compresi: 1) la fame di terre e la conoscenza di terre ricche e a buon mercato nell'Ovest degli Stati Uniti; 2) il costante bisogno di mano d'opera di quel paese; 3) l'attrazione di un sistema politico liberale; 4) l'egualitarismo degli Americani; 5) l'utopia religiosa e sociale; 6) la febbre dell'oro, specialmente nel caso della California; 7) la pubblicità fatta da organismi ufficiali, quali gli uffici d'immigrazione degli Stati Uniti; 8) la parte avuta dalle ferrovie nel popolamento e nello sfruttamento delle terre; 9) l'invio di risparmi alle famiglie rimaste nel paese d'origine; 10) la costituzione e lo sviluppo delle comunità nazionali negli Stati Uniti. La visione teorica secondo la quale l'economia mondiale non può non trarre vantaggio da una distribuzione della mano d'opera che avvenga secondo una perfetta corrispondenza tra le condizioni dei paesi di provenienza e quelle dei paesi di accoglimento, ha in parte trovato la sua conferma nelle trasformazioni in atto; in parte invece tale prospettiva subisce i condizionamenti della congiuntura (crisi), condizionamenti che danno adito talvolta a discriminazioni tra la mano d'opera immigrata e quella indigena.
STORIA CONTEMPORANEA Nell’età moderna e contemporanea i flussi migratori, guidati prima dal colonialismo e successivamente dagli sviluppi della rivoluzione industriale, si sono intensificati in direzione Nord-Sud del mondo e verso l’occidente. Negli ultimi decenni del secolo scorso questo movimento ha assunto nuove dimensioni e prospettive, invertendo la propria direzione e interessando in particolare le aree del Nord del pianeta, trasformate da paesi di emigrazione in mete di destinazione per milioni di persone appartenenti alle aree più povere della terra e attratte da prospettive di cambiamento. All’origine di questi spostamenti sono, infatti, le condizioni di povertà, i conflitti armati, il razzismo nel paese di origine, ma anche le discriminazioni, l’assenza di democrazia e violazioni dei diritti civili e politici. In Europa – 508milioni di abitanti – oggi vivono 64 milioni di immigrati che rappresentano l’8,8% della popolazione; 53 milioni vivono in Asia e costituiscono l’1,4% della popolazione asiatica; 45 milioni vivono negli Stati Uniti, pari al 13,5% della popolazione. In tempi recenti il processo di globalizzazione ha determinato una femminilizzazione della composizione dei flussi migratori: le donne costituiscono la metà dei migranti internazionali. La Banca mondiale ha stimato che nel 2007 i lavoratori migranti provenienti da paesi in via di sviluppo hanno inviato, attraverso canali ufficiali, rimesse per più di 240 miliardi di dollari. Se si considerano anche i canali informali, la cifra aumenta vertiginosamente. La grande vicenda delle migrazioni del ‘900 ha moventi di tipo economico o politico con caratteri di volontarietà più o meno effettiva, da non confondere con altri tipi di movimenti di popolazione come invasioni, conquiste, colonizzazioni…Le migrazioni di tipo economico sono quelle più consistenti e consentono di elaborare un discorso sulle cause delle migrazioni e sulle loro conseguenze (soprattutto creazione di società multi e interculturali). E’ inevitabile partire dalle grandi migrazioni transoceaniche di fine/inizio secolo. Tra il 1890 e il 1914 si assiste ad un massiccio flusso migratorio che coinvolge i Paesi dell’Europa mediterranea ed orientale. Questa ondata migratoria deve essere compresa dentro il processo più ampio della rivoluzione industriale e della sua diffusione. La crisi agraria europea che ebbe inizio negli anni ’70 svolge un ruolo scatenante, mentre la riduzione delle barriere legali, e la riduzione dei costi di trasporto facilitano la realizzazione del progetto di emigrare. Gli USA (e in genere il continente americano) costituiscono il grande fattore d’attrazione per gli immigrati europei, date le enormi estensioni di terra disponibili, le leggi agrarie assai liberali, un’industria in rapida crescita e possibilità di impiego in continua espansione. Un flusso migratorio importante fu quello che riguardò gli ebrei dell’Europa orientale. Ne emigrarono un milione e mezzo tra il 1880 e il 1914 verso gli USA, mentre mezzo milione raggiunse Sudamerica, Canada, Europa, Palestina. Per concludere, occorre accennare al tema generale dell'influsso esercitato dalle masse immigrate sul paese d'accoglimento e, viceversa, dalla cultura di questo sul paese d'origine.
I flussi migratori di fine Novecento |
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