Lo scrittore

Al-Aswani

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEDIA E MONDO ARABO

dalle Torri gemelle alla Primavera araba

_____

Egitto

 

Nemmeno la rivoluzione francese ha avuto tanta partecipazione

Intervista ad  'Ala al-Aswani

Fa dire ‘Ala al-Aswani a un personaggio di "Palazzo Yacoubian" (Feltrinelli 2006): « La gente sa che falsifichiamo le elezioni? Io direi di no. Dio ha creato questo popolo per essere dominato.

Nessun egiziano sa disobbedire al proprio governo. Certo, vi sono popoli che insorgono. Invece l'egiziano vive tutta la vita sottomesso per tirare avanti. La storia ne è testimone. Il popolo

egiziano è il più facile da dominare nel mondo…Dio l'ha creato così ».

«Un momento», reagisce al-Aswani accendendosi un'altra sigaretta nel posto in cui non dovrebbe farlo, il suo studio da dentista. «Un autore è come un attore: non risponde dei suoi personaggi.

Al-Fuli, il personaggio che lei ha citato, giustifica il suo crimine al punto da crederci. Come Mubarak e il suo regime che hanno creduto di poter ingannare senza fine gli egiziani».

Aswani non è solo l'autore del libro più venduto nel mondo arabo dopo il Corano: è anche un simbolo della rivolta di piazza Tahrir. "Palazzo Yacoubian" e i suoi commenti scritti su alcuni

giornali molto prima dell'inizio della Primavera, ne spiegano le origini. Aswani non ha mai smesso di fare il dentista, anche se in questi giorni il suo piccolo studio a Garden City non ha clienti.


Anche se in modo più sguaiato, al-Fuli ricorda il Principe di Salina del "Gattopardo": nonostante Tahrir, alla fine nemmeno gli egiziani cambieranno.

Gli egiziani sono come i cammelli che subiscono ogni maltrattamento: è molto difficile farne arrabbiare uno, ma quando succede non lo ferma più nessuno. Questa volta hanno fatto arrabbiare

il cammello. Una rivoluzione viene sconfitta quando il popolo ha paura. Quello che è accaduto in questi giorni dimostra che la gente non ne ha più.

Lei dà per scontato che piazza Tahrir sia l'Egitto. I militari sostengono che esiste una maggioranza silenziosa.

Chi lo dice non sa niente del fenomeno politico e sociale di una rivoluzione. A gennaio e febbraio nelle strade e nelle piazze del Paese sono scesi 20 degli 80 milioni di egiziani. Nemmeno

la rivoluzione francese ha avuto tanta partecipazione. Non credo che i militari abbiano tempo di leggere libri di sociologia ma quella scienza spiega che se vi partecipa il 10%, una rivoluzione

è irreversibile. Loro cercano di trasformare piazza Tahrir in un punto di vista. Invece è un movimento radicale che porta a un cambiamento.

Qual è il cuore dello scontro?

In mezzo a tutto ciò che è accaduto e sta accadendo, assistiamo all'ultimo respiro del vecchio regime di Mubarak, interpretato dai militari. Dieci giorni fa hanno cercato di spazzare via i giovani

della rivoluzione e di fronte alla loro violenza la gente è tornata in piazza.

Anche l'esercito è parte della società egiziana.

Non saremo mai contro il nostro esercito perché è nostro, non loro, dei generali.

Dunque lo scontro è finito, il regime sta esalando l'ultimo respiro?

Non è finita. I militari hanno fatto in modo che venisse meno la sicurezza, che i prezzi andassero alle stelle come la disoccupazione. Hanno cercato di convincere la gente che è colpa della

rivoluzione. Sono rimasti sorpresi quando invece hanno visto la gente unirsi di nuovo ai giovani. Ma ci riproveranno. Una rivoluzione è un'aspirazione umana molto romantica. Ma non è una

passeggiata, è una lotta vera che richiederà mesi.

Lei andrà a votare oggi?

Naturalmente.

E se vincono i Fratelli musulmani?

Molti hanno usato la religione per fare carriera politica. Ma non bisogna avere paura di loro: è il regime che li ha usati perché avessimo paura. Io credo invece che siano facilmente integrabili

nel sistema democratico. (Intervista di Ugo Tramballi, Il Sole 24 ore - 27 novembre 2011)

 

Commento

“Una rivoluzione viene sconfitta quando il popolo ha paura. Quello che è accaduto in questi giorni dimostra che la gente non ne ha più”.Ritengo che questo sia l’elemento chiave del pensiero

espresso dallo scrittore ed intellettuale egiziano Al-Aswani, nell’intervista per il quotidiano Il Sole 24 Ore.

Dalle parole di uno dei simboli della rivolta egiziana, emerge la sua indignazione verso l’atteggiamento dei militari e la comprensione per la conseguente rabbia del popolo egiziano.Critica

l’operato svolto dalle forza armate dall’inizio della rivolta sino agli ultimi giorni, evidenziando che l’Egitto sta assistendo all’ultimo respiro del vecchio regime di Mubarak, interpretato dai militari:

le forza armate hanno prima acquistato credibilità, poi hanno cercato di manipolare la gente facendogli credere che la rivoluzione ha portato solo danni;  e infine hanno accentrato tutto il potere, permettendo ai membri del vecchio regime di candidarsi al Parlamento. In effetti, le migliaia di persone che, dopo una tregua apparente hanno nuovamente riempito Piazza Tahrir, luogo simbolo

della rivoluzione, ne sono una esplicita testimonianza.

Nelle ultime parole dello scrittore si nota uno spirito piuttosto ottimistico nei confronti delle prossime votazioni: conferma in modo fermo e categorico la sua presenza, e si dice fiducioso anche

verso un’eventuale vittoria del fronte dei Fratelli Musulmani, ritenendo che potrebbero facilmente integrarsi nel sistema democratico.

Al Aswani gode in Egitto di molta stima e rispetto, come figura di spicco della cultura egiziana, e allo stesso tempo molto attiva  politicamente. Importante quindi la sua affermazione sul fatto

che la rivoluzione, che paragona addirittura a quella francese, non si è conclusa l’11 febbraio, il giorno in cui il presidente Suleiman, annunciando le dimissioni di Mubarak, trasferiva i poteri

all’esercito: “Una rivoluzione è un’aspirazione umana molto romantica, ma non è una passeggiata, è una lotta vera, che richiederà mesi”.   (Andrea Bongi)

 

 

   

 

 

         

   Al

 

        Palazzo Yacoubian

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                      Indietro