MEDIA E MONDO ARABO

dalle Torri gemelle alla Primavera araba

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Egitto

 

Elezioni, un momento storico

“E’ un momento storico per gli egiziani. Pensa, è la prima volta che vado a votare e ho 55 anni”. La frase di Abdel, incontrato davanti a un seggio nel quartiere di Mohandseen, riassume bene l’entusiasmo dei cairoti e di tutti gli egiziani che ieri, dopo ore di attesa, alcuni anche sotto una pioggia torrenziale com’è successo ad Alessandria, sono riusciti a infilare le due schede elettorali nelle urne per eleggere i 498 membri dell’Assemblea popolare, la Camera bassa del Parlamento. Oggi è il secondo e ultimo giorno di votazione in nove governatorati in Egitto (tra cui le città del Cairo, Alessandria, Luxor e Port Said) per le prime elezioni parlamentari a 9 mesi dalla caduta di Hosni Mubarak.

Quella di ieri è stata senza alcun dubbio una giornata campale per gli elettori egiziani. Oggi è prevista una situazione simile. Ai seggi, da Zamalek quartiere buono del Cairo, a Maadi, che si trova nel sud della città, le file erano lunghissime; in molti, soprattutto donne e anziani, sono arrivati con sedie pieghevoli, un giornale e cellulare per passare il tempo. In media l’attesa è stata di cinque, sei ore. Com’era prevedibile, qualche defezione c’è stata. “Sono arrivata qui alle 8.30. Ora è quasi l’una e devo tornare a casa. Riproverò domani (oggi, ndr) ma voglio assolutamente votare” racconta Shaimaa, 19 anni, alla sua prima votazione in un seggio nel quartiere di Doqqi. “Cosa voterò? Ancora non lo so ma voglio esserci”.

 

Gli incerti sono tanti, milioni. Questo dato era venuto fuori dai sondaggi condotti dai centri studi indipendenti e i partiti ne erano al corrente. Per questo motivo, il braccio politico dei Fratelli Musulmani, il partito Libertà e Giustizia, il più radicato e meglio organizzato sulla scena politica egiziana, era presente in molti seggi e non solo al Cairo, come riporta la stampa locale. Uscendo dalla metro a Tahrir, a pochi metri da uno dei più grandi seggi della capitale egiziana, un gruppo di tre uomini consegnava dei volantini in cui da un lato era stampato un calendario, dall’altro i nomi di alcuni candidati, tra cui anche una donna.

Al Jazeera racconta anche di tende piantate dai sostenitori del partito islamista davanti ad alcuni seggi e adibite a “centro di comunicazione e diffusione del voto”. I militari, non molti, schierati per facilitare le operazioni di voto davanti ai seggi, in alcuni casi hanno invitato i membri di Libertà e Giustizia ad allontanarsi di alcuni metri soprattutto per non creare disordini. Il centro sugli studi democratici Ibn Khaldun, che con altre 36 organizzazioni egiziane ha il compito di monitorare le elezioni nei nove governatorati che oggi tornano alle urne, ha registrato l’apertura ritardata di molti seggi...Il partito socialista egiziano ha denunciato la presenza di molte schede non firmate.

Ieri si è creata una frattura tra gli egiziani che sono andati a votare e i manifestanti che da 11 giorni occupano Tahrir, epicentro e simbolo della rivoluzione. In piazza un centinaio di ragazzi invitava i concittadini a boicottare le elezioni. “Non sono andato a votare e non ci andrò” dice Mustafa, 23 anni, studente di scienze politiche all’Università del Cairo “noi non riconosciamo il governo militare dello Scaf, per cui queste elezioni sono una farsa” e aggiunge “Sono molto dispiaciuto che molti miei compatrioti non l’abbiano ancora capito”. (“Il fatto quotidiano” - 29 novembre 2011)

 

Analisi

Dopo molti mesi di scontri e proteste, finalmente il 28 novembre gli egiziani hanno partecipato dopo 60 anni ad una elezione democratica. L’articolo spiega bene quello che questa data rappresenta nell’immaginario egiziano (e non solo): la popolazione si sente per la prima volta responsabile della propria vita, partecipe e in grado di poter scegliere un governo che sia in grado di realizzare le proprie aspettative.

Ma fino a che punto si può parlare di democrazia? Nelle piazze continua la rivolta di quei giovani che ormai più che la ’primavera’ vedono l’ ’autunno’ in arrivo nelle proprie città; con il partito islamista da un lato che, consapevole della propria rilevanza percentuale e facendo leva su gli “incerti”, continua a fare propaganda più di tutti gli altri partiti, col rischio che possa manipolare le elezioni (che si prolungheranno fino a marzo 2012). Dall’altro il potere militare, che governa il paese dalla caduta di Mubarak. Insomma, per alcuni queste elezioni sono solo una farsa, qualcosa di ideato dai militari e avvallato dagli islamici.

 In realtà forse una svolta per il futuro dell’Egitto riguarda la capacità di presa sui Fratelli Musulmani messa in atto dal turco Edrogan, impegnato allo spasimo per sottrarli alla tradizionale sintonia con l’Arabia Saudita (che li finanzia), nel tentativo di convertirli a una visione laica dello Stato. Con forza, durante la sua recente visita al Cairo, il premier turco li ha invitati a battersi per una visione laica e non shariatica dello Stato. Uno scontro dentro l’Islam politico che è cruciale, non solo per l’Egitto ma per tutto il mondo arabo, che ancora oggi si trova in una condizione del genere.

Sicuramente per poter cambiare qualcosa bisogna rivoltarsi e scendere in piazza: ma da qui a poter parlare di democrazia il cammino è lungo. C’è bisogno di un impegno concreto e duraturo, che vada oltre le barriere della dittatura che per decine di anni hanno bloccato l’evoluzione di paesi come l’Egitto, rieducando pian piano le popolazioni alla democrazia. (Denise Cancelliere)

 

 

 


 

   

       

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                      

 

  

 

 

 

 

 

 

 

 

          

        

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