MEDIA E MONDO ARABO

dalle Torri gemelle alla Primavera araba

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Egitto

 

Testimone dall'Italia

Per analizzare quello che sta accadendo in Egitto, ho ritenuto opportuno dar voce a chi questi fatti li ha seguiti sì da lontano, ma con capacità critiche certamente migliori di altri.

Yousef, 55 anni, egiziano a Roma ormai da 30, mi parla di un'insofferenza annidata nel cuore del popolo egiziano da anni.

Ormai è molto tempo che sei lontano dal tuo paese, come ne hai seguito le vicende politiche?

E che idea ti sei fatto al riguardo?

Sono rimasto molto legato alla mia famiglia e al mio paese, per questo ho sempre seguito con passione gli avvenimenti che si sono susseguiti nell'arco di questi anni. Al-Jazeera e i giornali on-line sono stati certamente una preziosa fonte di informazione, oltre alle numerose telefonate con mia sorella che non ha mai mancato di aggiornarmi. Ogni volta che sono tornato al Cairo, e l'ho fatto spesso,  trovavo il paese sempre più stanco del dispotismo di Hosni Mubarak. Ultimamente le voci riguardo i suoi problemi di salute e il probabile passaggio in eredità della sua carica al figlio Gamal, preoccupavano molto la popolazione egiziana. Un giornalista, Ibrahim Eissa, era stato arrestato per aver rivelato le condizioni di salute dell ex Presidente e questo è solo un banale esempio di quanto l'informazione egiziana fosse controllata dal regime, dal quale dipendevano le tre testate principali del paese. Durante la stessa rivoluzione ho potuto appurare fin da qui quanto la tv egiziana fosse oscurantista e quanto i tg minimizzassero gli eventi, era lasciato davvero poco spazio alle notizie riguardo ciò che accadeva in piazza, senza parlare poi delle violenze perpetrate dalle forze di polizia egiziana verso gli inviati di Al Jazeera..

A proposito della polizia egiziana se ne sono dette molte, ricordiamo ad esempio il caso del  giovane Khalid Said picchiato a morte da due agenti in un Cafè di Alessandria, ad esempio. Credi possa essere considerata anch'essa una sorta di “miccia”?

Probabilmente. Dopo questa terribile vicenda è stato creato un gruppo su Facebook, “We are all Khaled Said”, espressione di un'ampia fetta di giovani pronti a battersi per i loro diritti, uniti dalla consapevolezza di essere tutti dei potenziali Khalid. E' un gruppo nato a difesa dei diritti elementari della persona, contro l'uso della tortura e ogni forma di maltrattamento. Il gruppo ha dato il via ad una serie di iniziative e proteste affinchè fosse fatta luce sugli avvenimenti di quel giorno e fosse resa giustizia alla famiglia di Khalid attraverso l'arresto dei responsabili della morte del figlio. Il movimento è diventato sempre più ampio e attraverso questo è stato organizzato il primo giorno di dimostrazioni, stabilito per il 25 Gennaio, un giorno di festa nazionale, il Police Day, in cui l'Egitto ricordava il coraggio dei “difensori dello stato” durante la cacciata degli inglesi...

Da quest anno quel giorno assumerà nuovo significato, probabilmente!

Di certo, gli egiziani avevano ben poco da festeggiare, “El Amn el Markasi” è la Sicurezza Centrale, un apparato speciale sotto il controllo del Ministero dell Interno, uno dei più feroci al mondo. I suoi componenti vengono reclutati fra gli “ignoranti” del popolo e sono addestrati affinchè eseguano gli ordini senza pensare, se glielo chiedessero sparerebbero alla madre senza batter ciglio.

Senza contare che nell' Egitto di Mubarak vigeva una sorta di stato d'emergenza

Esatto, sotto volontà di Hosni Mubarak: ciò gli permetteva di apportare piccole modifiche alla Costituzione quando ne aveva voglia, e di far arrestare chiunque senza reali capi d'accusa, come Wael Ghoneim, il responsabile di Google del Medio Oriente, per aver dato vita, appunto, all'iniziativa del 25 gennaio.

Conosciamo tutti gli eventi che si sono susseguiti durante questa rivolta, ma se ti chiedessi quali sono state, a parer tuo, le “tappe” che l'hanno segnata, cosa mi diresti?

Mi soffermerei su tre momenti, che credo abbiano realmente generato una sorta di sparti-acque col passato. Il primo non può che essere quello dei primi giorni di manifestazione, che sono culminati nello scioglimento del Parlamento e nella nomina di un vice Presidente, Omar Solyman, il 29 Gennaio, un evento assolutamente straordinario. Il secondo è quello relativo alle dimissioni di Mubarak, dimissioni che hanno generato non pochi dubbi nell'opinione pubblica, visto l'ultimo discorso del ex Presidente, risalente a pochi giorni prima di queste, in cui  affermava che non si sarebbe ricandidato alle elezioni successive ma che neppure avrebbe dato le dimissioni. Questa dichiarazione e il fatto che sia stato il suo vice, Solyman, ad annunciare la resa definitiva di Mubarak, hanno fatto pensare ad un colpo di Stato militare; il che sarebbe anche plausibile vista la ferrea volontà di entrambi i fronti ( Mubarak-Piazza Tahrir ) di non retrocedere e le rivelazioni di Wikileaks che vedevano l'esercito fortemente contrario alla candidatura di Gamal Mubarak. In ultimo non posso che nominare le elezioni, parlamentari e presidenziali, delle quali potremo parlare quando saranno giunte al termine. E questo segnerà per l'Egitto la fine di un percorso e l'inizio di un altro, spero positivo. In tutto ciò meritano un discorso a parte le proteste contro il Consiglio Supremo Militare, capeggiato da Mohammed Tantawi, Ministro della Difesa.

Cosa intendi dire?

Il mio discorso è per coloro che avevano dato l'Egitto perduto, per chi non credeva nella forza e nella determinazione di queste persone, per chi già vedeva nella venuta della giunta militare un male peggiore, citando il noto detto “passare dalla padella alla brace”. Molte volte ho sentito dire che cacciare Mubarak non era servito a nulla, che avrebbero piazzato presto un nuovo Presidente-fantoccio. Alle parole di queste persone rispondo coi fatti, sono ancora lì gli egiziani, a manifestare il loro dissenso, a chiedere giustizia per gli arresti che si stanno susseguendo. E' vero la situazione è ancora molto critica ma molte cose sono state ottenute, dal cambiamento della legge elettorale all istituzione del Consiglio di Sicurezza Nazionale atto alla supervisione dell'operato dell' esercito.

Quindi sei ottimista riguardo il futuro del tuo paese?

Come potrei non esserlo? A prescindere dal fatto che  non crederci sin dall'inizio significa rinunciare alla lotta, qualsiasi sia l'esito delle elezioni, sarà stato il popolo egiziano a scegliere per sè. Checché se ne dica, il fatto che “Libertà e Giustizia”, espressione dei Fratelli Musulmani, stia ottenendo così tanto successo alle urne, non è la prova inconfutabile che l'Egitto stia precipitando verso l'integralismo islamico, ma una conseguenza del fatto che quello dei Fratelli Musulmani è uno dei partiti che più hanno avuto modo di organizzarsi e consolidarsi fra la popolazione, data la sua nascita nel 1928. E non dimentichiamoci che stiamo comunque parlando di un partito moderato, che non punta certo alla teocrazia, tanto “temuta” dai media occidentali.

Pensi che vogliano trasmettere un'informazione distorta?

Volente o nolente l'informazione viene filtrata continuamente, ogni giornale è legato a un sistema in cui determinati interessi politici imprimono una certa forma alla notizia, affinchè essa sia percepita dal pubblico in un preciso modo.

Quanto l'informazione giochi un ruolo importante in un paese lo abbiamo visto anche in Egitto, cosa ne pensi della centralità che hanno avuto nella rivoluzione i social network?

Penso che i giovani egiziani, così come i loro fratelli tunisini o siriani, abbiano trovato in questi nuovi mezzi di comunicazione la possibilità di aggirare una censura che ha pesato sulle loro vite per troppi anni. I racconti di quelle giornate di rivolta che possiamo tutti leggere sui loro blog, i video delle proteste, rappresentano il grido di una generazione consapevole dei proprio diritti e delle proprie possibilità, un grido che da solo significa già Vittoria.      (Intervista raccolta da Sara Shokry)

 

Riporto di seguito un breve passo  di un uno speciale sui primi giorni della rivoluzione, di Youssef Rakha, giornalista dell Ahram, una delle principali testate egiziane:

“As a writer, as a journalist, Friday 28 January has given me back my public voice. It has confirmed to me the existence of a homeland and a people of wich I am part”

 

 


 

   

    

 

     

                       Migranti

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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